Il sole era tramontato.
La ragnatela delle tenebre era
arrivata, ammantando lentamente l'orizzonte arrossato dal sole,
finchè, la luce scomparve completamente lasciando il posto alle
ombre della sera.
Giuanneddu, nel frattempo, aveva
legato due bidoni, colmi di latte, con una corda di raffia
intrecciata e li aveva deposti sul basto dell'asino “
Burriccheddu”, così si chiamava la bestia che attendeva tranquilla
l'arrivo del padrone, cercando tra gli arbusti qualcosa da masticare.
- pfrummm!- fece Giuanneddu con le
labbra per incitare l'asino a muoversi.
Burriccheddu si avviò trotterellando,
di buona lena, sul sentiero che ben conosceva. Precedeva di poco il
padrone, che avanzava a piedi fischiettando , seguito a sua volta da
uno scodizolante Piluccu.
Giuanneddu avanzava immerso in quella
natura che tanto amava: il canto dei grilli, le lucciole che gli
attraversavano il cammino, il fruscio leggero delle foglie degli
alberi e delle macchie di lentisco, quel profumo selvaggio , che
impregnava l'aria attorno, gli davano serenità.
Sollevò lo sguardo verso il cielo:
manciate di stelle illuminarono i suoi occhi. Conosceva
quell'ambiente, eppure quella sera sentì qualcosa di diverso
penetrargli l'anima , c'era qualcosa dentro lui che, da un po' di
tempo, gli procurava tenere sensazioni. Si rilassò cercando una
risposta.
ll suo cuore, in quella serenità,
prese il sopravvento sulla mente e liberò un pensiero, custodito
gelosamente, mai apertamente pensato.
Il pensiero, finalmente libero, aprì
un varco nella mente del giovane che, sconvolto, vide proiettarsi tra
le stelle un'immagine, una giovane donna: “Annetta”, sorella del
suo amico Bastianu
Ella gli sorrideva con dolcezza e i
suoi occhi lucenti, brillavano in quelli del giovane.
Giuanneddu fissò l'immagine con
sguardo rinnovato da un sentimento che era sbocciato improvvisamente,
dopo aver maturato, a sua insaputa, nei meandri del cuore, come
chicco di grano caduto fuori dal solco e venuto alla luce, silenziosamente
protetto dalla natura che ha le redini della vita.
Chinò il capo , stropicciò gli occhi,
cercò di scacciare quel pensiero radicato nel suo cuore, quel
sentimento d'amore che sentiva per quella giovane donna. Non osò
nemmeno pronunciarne il nome, per il timore di compiere un
sacrilegio.
- io son pazzo –
- ma come posso sperare che una simile
creatura possa posare lo sguardo su me, povero pastore, rozzo,
ignorante, con le vesti che puzzano di latte da lontano? - disse a sé
stesso deglutendo l'amaro che gli contraeva lo stomaco.
Tormentato dalla scoperta , raggiunse
le prime case del paesello, che parevano osservarlo per scoprire il
suo amore segreto, con i loro occhietti lluminati dalla tenue luce
delle candele.
Dall'interno provenivano voci di mamme,
di bambini, tintinnio di posate. Si stava approssimando l'ora della
cena,
- Avrò mai una bella famiglia, una
moglie che mi attenderà alla sera sulla soglia di una casetta linda,
dei figli che mi verranno incontro abbracciandomi orgogliosi del loro
babbo?-
Si chiese cercando di cacciare i miseri
ricordi della sua infanzia ma anche quel sentimento d'amore
“impossibile” che lo schiacciava.
Giuanneddu affrettò il passo, poiché
la casa di padron Giuanniantoni stava un po' fuori e lui si era
attardato troppo sui suoi pensieri.
Attraversò il paese e s'infilò nel
sentiero oscuro e tortuoso che lui conosceva così bene che avrebbe
potuto percorrerlo ad occhi chiusi.
Quella sera lo paragonò alla al
cammino della sua vita.
- Ecco la fontana ! – disse sollevato
al pensiero che era vicino alla curva dietro la quale vi era la casa
del padrone.
Giuannantoni lo attendeva con un
affettuoso sorriso
- Giuannè sei tu ?- sentì la voce
ansiosa del padrone
- si – rispose il giovane salutando e
scusandosi per il ritardo
- l'importante è che sia tutto a posto
– rispose tranquillizzandosi Giuannantoni
- sbrigati! - aggiunse – che Teresina
ha preparato un buon minestrone!
Giuanneddu cercò di nascondere dietro
un sorriso il turbamento provocato dalla consapevolezza d'esser
innamorato di una giovane che mai avrebbe abbassati gli occhi su un
servo.
Nell'oscurità intravide la sagoma
piccola e tarchiata del padrone con l'immancabile berretta sulla
testa ed il sigaro in bocca.
Giuannantoni aiutò il giovane a
scaricare l'asino che, liberato dal basto, si diresse al suo
giaciglio, dietro la casa.
I due uomini portarono dentro il latte.
6 commenti:
Bello, mi ricorda più Verga che Pirandello.
Ciao.
grazie....ciao
Sono sempre più affascinata dai tuoi scritti.
Grazie e un caro saluto,
Lara
grazie Lara...mi piace scrivere se poi a qualcuno piace leggermi sono contenta
un abbraccio
mariantonietta
Maria Antonietta , hai il potere di tratteggiare i tuoi scritti come fossero quadri.
Quindi non solo ne leggiamo la storia , ma la vediamo scorrere come un film..
Molto brava, sarei onorata ti iscrivessi al mio blog http://rockmusicspace.blogspot.it/, così non potrò perderti di vista.
Grazie e buona domenica!
ciao Nella
grazie, ho risposto nel tuo bellissimo blog
un abbraccio
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