Erano
trascorsi diversi anni da quando ziu Giuannantoni, il padrone, aveva
preso Giuanneddu a vivere nella sua casa affidandogli il compito “
importante “ di custodire il gregge.
Non
avendo figli maschi, il padrone aveva riposto fiducia in Giuanneddu
perchè , pur essendo un ragazzo, si era mostrato subito
disponibile , servizievole, riservato ma , soprattutto, attento a la
“la roba “ del padrone come se fosse sua.
Non
fu difficile per padron Giannantonio affezionarsi a Giuanneddu.
Dopo
pochi mesi decise di accoglierlo definitivamente nella sua casa.
Chiamò
il ragazzo e con fare paterno gli chiese:
-
Giuannè ti piacerebbe vivere nella mia casa?
-
sai- continuò il padrone
– potrai
mangiare del cibo caldo tutti i giorni, Teresina, la mia serva, ti
preparerà pane e companatico per quando porterai le pecore al
pascolo in altura, d'inverno potrai dormire sulla stuoia di canna
accanto al camino, ti comprerò dei vestiti nuovi...-
Il
ragazzo, pur consapevole della fortunata occasione che gli veniva
offerta, pensando che avrebbe abbandonato la sua famiglia, i
fratellini:
-
perdonami padrone- intervenne facendosi coraggio
-per me andrebbe bene vivere nella vostra casa , al vostro
servizio sarebbe onore e vanto!! però gradirei che lo chiedeste alla
mamma, io sono il primo figlio di una famiglia numerosa ..e
...si
interruppe, non osò raccontare la sua infanzia di stenti . Tante
bocche da sfamare, suo padre sempre ubriaco, spendeva alla bettola
quel po' che guadagnava quando lo chiamavano a lavorare nei campi
“alla giornata” . “ha il vino cattivo!” diceva sua madre a
Giuanneddu, piangendo accanto al camino, dopo aver lottato per
allontanare dalla furia del padre i figli.
-
bravo figliolo! -
esclamò
il padrone, colpito dal senso di responsabilità e dal rispetto per i
genitori mostrato dal giovane.
-sella
il cavallo ! - gli ordinò – andrò a parlare con i tuoi genitori.
Giuanneddu ubbidì.
Quando
vide partire il padrone si soffermò emozionato a riflettere sulla
fortuna capitatagli
-
vivere nella casa del padrone.-
Era
sicuro che suo padre si sarebbe liberato volentieri di una bocca da
sfamare, mentre, sua madre avrebbe visto un futuro dignitoso per il
suo primo figlio, il prediletto.
Giuannantoni
fermò il cavallo davanti all'entrata della “casa” di Mariedda
Cannasa.
Sceso
da cavallo lo legò al ramo di una grossa , incolta pianta di ulivo.
Si guardò attorno.
-
Il regno della sporcizia e della miseria – pensò
Alcuni
bambini , vestiti con una vecchia camiciola che lasciava scoperto il
sederino, lo attorniarono u
-
mamma, mamma c'è il padrone di Giuanneddu.- schiamazzarono in coro.
Una
donna sventrata dalle gravidanze, solcata dalla vita amara e misera
che aveva conosciuta, spostò le canne che fungevano da porta
d'ingresso della catapecchia ed asciugandosi le mani nella gonna
esclamò
-
ohhh accomodatevi padron Giuannantoni!-
-
parliamo pure all'aperto, oggi è giornata buona- propose l'uomo.
Giuannantoni fece la sua richiesta. La donna accettò ma pose
delle condizioni.
Con
atteggiamento mite spiegò:
-
non perchè non abbia fiducia in voi padrone, ma perchè desidero che
mio figlio abbia tutto quello che non gli posso dare.-
Giuannantoni
promise di tenerlo nella sua casa, di dargli cibo in abbondanza,
vestiario, stivali e, poiché gli avrebbe dato il compito di accudire
il gregge, lo avrebbe pagato, alla fine dell'anno, con una pecora su
cinque.
La donna non potè trattenere l'emozione. Quel suo figliolo così
buono, gentile, sarebbe uscito da quella vita di miseria, avrebbe
avuto vestiti degni del suo portamento e piano,piano avrebbe avuto un
gregge suo.Una qualsiasi madre avrebbe sofferto pensando che suo figlio avrebbe avuto un padrone al cui servizio avrebbe messo anche il tempo.
Mariessa, invece, in cuor suo ringraziava Dio per aver messo sulla strada di Giuanneddu una così brava persona.
Avvicinatasi
a Giuannantoni gli prese la mano e baciandola disse:
-grazie!
Che Dio vi benedica-
Giuannantoni con un imbarazzato inchino della testa, salutò e
portò la notizia a Giuanneddu.Il giovane non si pentì mai di aver rinunciato alla sua famiglia , la sua vita era cambiata e pian, pianino si erano diradate le visite al suo passato misero.
2 commenti:
Cosa dobbiamo aspettarci da questa sofferta premessa:fortuna, gratitudine o degenerazione di comportamenti e sentimenti?
Il bello del raccontare e dell'ascoltare è anche nell'attesa...:)
Marilena
eheheheh...sta nella premessa " il perchè" dell'ultima parte...a me piace scrivare e leggere parti del racconto descrittive di ambienti e personaggi,
Quando leggo mi imprimo bene, nella mente i dettagli su elencati e ricostruisco il percorso del racconto all'inverso...trovando in essi una logica....tu che mi leggi sai che faccio nascere nel lettore la curiosità, il piacere d'immaginare ed attendere...tvb..grazie..a domani
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