Cap. quarto
Presa coscienza dell'accaduto, ziu
Mannu ,con il volto contornato da una barba bianca che gli dà un'
aria saggia, fa zittire tutti:
“Chistu è un bon vicinu, semmu
funtumati pà l'amori chi ci lia da sempri!” ( questo è un buon
vicinato, siamo menzionati per l'armonia che che ci lega da sempre!)
Tutti tacciono in attesa che il
vecchio, rispettato qual patriarca, calmi le acque.
Ziu Mannu rivolto a Bastiana : “ anda
fidhola 'ona ( vai figlia brava), accultighjaddi a la me casa
( vai a casa mia) e prendi quel
barattolino scuro che c'è dentro la “credenza buona” e
portamelo.
Attinziona a nò scapallu! ( stai
attenta che non ti caschi per terra! )
Bastiana esce di corsa seguita da
Lella : ( aspè chi t'accumpanghju) “aspettami che ti
accompagno”.
Ziu Mannu chiama gli uomini presenti ,
li prega di togliere le scarpe a ziu Cashju per potergli lavare i
piedi e disinfettarli con il decotto medicamentoso che lui stesso
prepara e che tutti nel vicinato usano per qualsiasi “cosa”:
disinfettare ferite, massaggiare parti doloranti, lenire
infiammazioni, spennellare tonsille e gole infiammate, emorroidi....
Per qualsiasi bisogno di intervento medicamentoso ci si rivolge a ziu
Mannu.
Nell'udire che gli avrebbero lavato i
piedi ziu Cashju urla: ( non mi laeddi, lu cumandanti non vò, ) “non
mi lavate il comandante non vuole)..io ho sempre ascoltato le sue
parole, i suoi consigli e non mi sono mai ammalato...mai un
raffreddore...mai,mai,mai!”
Intanto che si lamenta, gli uomini
mettono un “calderone” con abbondante acqua sul trippiede per
scaldare e si preparano a lavare, dopo oltre quarantanni, i piedi ad
un decorato milite di guerra.
Quando Bastiana e Lella arrivano con il
decotto i piedi di zio Cashju sono stati già trattati con sapone,
candeggina e la spazzola per i cavalli. All'uomo triste e rassegnato
vengono spennellati i piedi.
Ziu Minniu gli si avvicina, ha in mano
un paio di scarponi di campagna, sono usati però abbastanza buoni:
“ cumpà da boni vicinanti trattedhi
chisthi scalpi mei!!!.. cumenti fratedhi cumpà!!!
(compà da buoni vicinanti usate
queste scarpe mie!!! come se fossimo fratelli, compà)
“ m'aaraghju abituà cumpà, cun
sacrifiziu, a chi li mej m'intraghjani chena faithà”
( compà mi abituerò a queste nuove
scarpe, mi costerà sacrificio perchè le mie mi entravano “senza
dir parole” non facevano problemi, avevano le deformazioni del
piede.)
Indossate le scarpe ziu Cashju si alza
in piedi per provarle: “ mi parini un pocaretu manni” ( mi
sembrano un po' grandi) ma non
fa niente, metterò della carta nella punta!!”
Ziu Minniu per richiamare tutti a
quello che è il compito del giorno: “ ma chisti cosi boni li femmu
o no?” ( ma questi dolci li prepariamo o no?)
Zia Mia per mostrare che anche lei ha
una sua importanza nel vicinato batte le mani come per allontanare le
galline dall'uscio di casa:
“A fora l'omini, sciò,sciò! “ (
fuori gli uomini sciò,sciò!!) Si avvicina al mobile prende
pane, formaggio, un fiasco di vino :
“ Andate alla casetta del forno ,
curate il fuoco , fate colazione che noi adesso impastiamo!”
“Oh!!! e chi buldeddu
chist'ommini!!!” ( oh! E che casino questi uomini!!) esclama
la donna invitando con lo sguardo ciascuna a prendere il suo posto.
“cosa aemmu a fa pà primmu?” ( con
quale dolce cominciamo ?”) chiede zia Mia
“eu dighjaria da li papassini, so
chissi chi s'intosthani più a taldu!”propone zia Minnnia
( sono quelli che tardano di più ad
indurire!)
“emmu aeti rasghjoni cummà!” (si
avete ragione comà)
poi rivolta a Tea “ senda mea! pidda
la rizetta di mamma toa chi è la meddu e cumenchja a lighjni e
l'altri, bon fidholi, steti attendi e passeti li cosi cumenti si
cunveni!”
( azienda mia , mia preziosità!
Prendi la ricetta di tua mamma che è migliore delle altre e inizia
a leggere ...e voi altre , brave figliole, state attente e preparate
le dosi esatte degli ingredienti.)
Ogni donna ha un compito preciso: una
legge la ricetta, un'altra pesa e passa la farina alle tre più
anziane che impastano, un'altra ha la consegna di pesare lo
zucchero,un'altra di tostare le mandorle.....
Durante l'impasto non si parla. Solo le
anziane scambiano pareri. Pronto l'impasto si siedono attorno a “sa
mesa” ( il tavolo) a debita distanza l'una dall'altra e
preparano le forme.
Bastiana interrompe il silenzio delle
abili mani che si muovono:
“ ma ogghj c'a dì è!?” ( ma
oggi che giorno è?)
Malgarida facendosi il segno della
croce :” ogghj è tredighj di Pasca di Nadali, Santa Lughja ...un
passu di ghjadhina!” ( oggi è il tredici del mese di Pasqua di
Natale, Santa Lucia...un passo di gallina!)
Tutte si segnano.
“ e, si !” aggiunge Mennena “è
il giorno più corto dell'anno!”
Toa: “ è veru , da Santa Lughja a
Nadali un passu di ghjadhu” ( è vero ,da Santa Lucia a Natale
un passo di gallo !- i giorni si allungano)
“cuccurudduuuuu!” si sente Giuanni
alle loro spalle
Tutte ridono, Toa : “oja c'assuconu!”
( oja e che spavento!)
“ e dà chi non lu timmi cussì
abedhu !” ( e dai che non è vero che ti fa così paura!)
“e si dapoi è lu ghjadhu Mannu
chissu chi da Nadali anda a Capuannu lu timmi ancora di mancu!!”
( e se poi a cantare è il Grande
Gallo che va da Natale a Capodanno lo temi ancor di meno!)
Giuanni prende velocemente un altro
fiasco di vino e se la dà a gambe prima che la moglie gli tiri
dietro il mattarello.
Lella: “perchè babbu ha fatto quelle
battute sul grande gallo?”
Toa: “zitta tu e lavora, non lo sai
che dalla notte di Santa Lucia a Capodanno i giorno si allunga piano
piano ...con passo di gallina, poi di gallo e dopo ancora di gallo
grande!”
“ahhhh! Fa la ragazza che non capisce
né l'ilarità, né le gomitate che si scambiano le altre tra
sorrisetti maliziosi.
Partono le prime teglie per il forno.
Malgarida e Franzisca si trasferiscono nella casedha del forno.
Gli uomoni con la pala mettono le
teglie dentro la grande piastra e pochi secondi dopo le tirano fuori.
Le donne, nel frattempo hanno preparate
“le corbule” ( canestri ) ricoperti di teli bianchi per sistemare
con cura i dolci caldi.
I primi assaggi .
“ Cantu so boni!” ( come sono
buoni!) si complimentano , e una fiamma d'amore scambievole, di
orgoglio di buon vicinato scorre tra loro.
“s'era stata via mamma mea!” “
(se fosse stata viva mia madre!”) dice Toa emozionata al
ricordo, mentre sgranocchia un dolce “ lei si che era una vera
massaia, io cose buone come le preparava lei, non ne ho più
mangiate!”
“E cummà!” interviene Maltina
asciugandosi una lacrima d'emozione con un lembo del grmbiule
“ l'ansiani cummà erani speciali, puru mamma mea...”( comare
mia, gli anziani erano speciali, anche mia madre...)
“ su, su !” interrompe Lisandrina
“ li molthi cu li molthi e li vii cu li vii!” ( su,su, i morti
con i morti e i vivi con i vivi!).
Prende una bottiglia di anice : “ajò
chi ci femmu un anicinu, a candu a cumprì tuttu, oj,oj...tocca sta
bè!” ( ajò, beviamoci un anicino che dobbiamo rinforzarci
perchè il lavoro è lungo e pesante!”
Maltina ride “ se ci vedono gli
uomini??!” poi rivolta Lella: “ para la ghjanna chi no arria
calc'ommu!” ( stai attenta alla porta che non arrivi qualcuno
dei nostri uomini!)
Riempiti i calicini bevono tutte
insieme poi ridendo commentano la bontà dell'anice.
Le mani sono veloci ma anche le lingue.
Nella stanza si lavora e si chiacchiera. Il profumo degli impasti di
farina, con i vari condimenti aromatici, unito a quello dei dolci
caldi che arrivano dentro i canestri poggiati sulla testa delle più
giovani creano un'aria festosa. Un'emozione di condivisione che
allarga i cuori predisponendoli alla confidenza, ai ricordi in
confusione tra il passato, il presente, anedotti volutamente
esagerati per suscitare ilarità.
“ si, idi propriu chi semmu a
Nadali!!” (si sente proprio che sta per arrivare il Natale!)
sorride Mennena, la più timida delle
tre sorelle Catta. “ ohhh! Mannenedda ti sei isciudata?”
( ohhhh! Piccola Mennena ti sei
svegliata?) , sorride contenta zia Mia. Mennena arrossisce.
“ ba, ba!! avali divinta irruia che
l'alta dì” ( bà,bà!! adesso è arrossita come l'altro giorno)
sottolinea bonariamente la padrona di casa.
“ pal chi cos'è cumbinatu l'alta dì”
( perchè che è successo l'altro giorno?)
s'incuriosisce Lisandrina. “ palchi
no la sai?” ( perchè non lo sai?) non hai udito il chiasso
l'altro ieri al pomeriggio?
- “ zia Mia mea l'eti sminticatu chi
era i lu duttori!?” ( zia Mia vi siete scordata che ero dal
dottore?)
“ oja è veru....!!” (oja è
vero!) afferma la donna dispiaciuta per la smemorataggine ,poi
rivolta a Malgarida, Franzisca, Bastiana, Mennena e Lella le
rimprovera: “ perchè non glielo avete raccontato? Vi vergognate
ehhh?”
Lisandrina incuriosita : “ mi volete
raccontare?”
Zia Mia con aria ironica : “ l'altro
pomeriggio siamo andate con “le signorinette” a cogliere i limoni
e le arance per i dolci. Facendosi spiritose , loro, hanno raccolto
dei sassolini – pà ciarabaldà li foddi-(per interrogare le
foglie della pianta)
“ e cosa vuliani sapè?” ( che
cosa volevano sapere dalle foglie?)
“volevano capire che tipo di uomo le
sposerà”.
Ridacchiano tutte mentre le mani
sistemano i “ cozzuleddi e saba” nelle teglie..
Dopo una breve pausa continua “
tiraani li montizeddi a li foddi pà acchjapanni una chi, si la
piddaani adananzi, chena fiacalla , la fultunata aristhia agattatu
un ommu in divisa, si piddaa la fodda addaretu saristhia statu un
poaru; ...'senda mea , tiresi lu muntizeddu Mannena e fesi i la fodda
un bucu tundu cumenti badda..!”
( lanciavano dei sassolini contro le
foglie per colpirne una; se la colpivano sul davanti, senza
rovinarla, la fortunata avrebbe sposato un uomo in divisa , se il
sassolino colpiva la parte dietro della foglia, la donna avrebbe
sposato un povero...! Mannen, poveretta, lanciato il sassolino
colpì una foglia lasciandole un buco rotondo come se fosse stata
centrata da una pallottola..!)
“ e che significa?” chiede
Lisandrina
Le quattro “signorine “ nascondendo
il viso nel grembiule sollevato: “ chi l'ommu sou l'ammazzani a
badda!”
( che il suo uomo lo uccideranno con
una fucilata!)
“ tandu
ani presu a currì, chiddi adananzi e Mannena da fatu....eu li
chjammaa, li chjammaa...e iddi suldi...tandu agghju presu un rocchju
..a vidè, si si sò arressi li femini manni..!!!”(
allora hanno iniziato a rincorrersi , tutte avanti e Mannena dietro
che le rincorreva...io le richiamavo, le richiamavo...e loro sorde
continuavano...allora ho raccolto un bel pezzo di bastone...a vedere
se si sono fermate le donne !!!)
Lisandrina trattiene una risata mentre,
Mannena
“steti tranquilli chi lu còiu meu
già sarà precisu a lu 'ostru...l'omini pal noi l'ani già tutti
molti a badda!” ( state tranquille che il mio matrimonio sarà
simile al vostro.. gli uomini per noi sono già stati tirati a palla
di fucile!)
“ dai non offenderti abbiamo
scherzato! “ - “ anche io !” risponde con una smorfia
Lisandrina
Toa per evitare che “l'incidente “
rovini l'aria di serenità di quello stare insieme che,
fondamentalmente, è la vera gioia del Natale ...batte le mani:
“ sù,sù, steddi, poca ciarra! A
Santu Ghjuanni v'aremmu a fa brincà lu fugaroni cussì vi feti
cummari e v'areti a rispittà cumente noi...veru cummà???”
( sù,sù ragazze , poca
chiacchiera!! vorrà dire che a San Giovanni vi faremo saltare “ il
fuoco” così diventerete “comari” e vi rispetterete come
facciamo noi...vero comà?).conclude strizzando l'occhio per
ricevere l'assenso delle anziane che non si fanno pregare a
confermare quelle sante parole:
“ veru e viritai, mai una brea né una chistioni, noi semmu
sinceri cummari di fugaroni, emmu brincatu lu fugaroni di Santu
Ghjuanni piddendici pà la manu emmu posthu cussì la Fidi”
( verità vera sono le parole di
comare Toa, mai un bisticcio o un malinteso tra noi, siamo sincere
comari di fugaroni di San Giovanni, abbiamo saltato il fuoco
tenendoci per mano e d'allora tra noi c'è la Fede).
Si abbracciano per confermare quanto
detto, impolverandosi di farina l'una con l'altra.
Tea sorride pensando a tutte le
punzecchiature, i dispettucci che si scambiavano le comari. Piccoli
incidenti che anziché intaccare gli affetti li consolidava.
Sono quasi le tredici. Lisandrina tolto
il grembiule va a ritirare i bambini da scuola.
Ziu Peppi con il viso rosso come il
fuoco, un po' per il calore del forno, un po' per il vino tracannato
si affaccia alla porta :” accustedivi
a la casedda di lu furru, emmu arrustitu saltitza e carri e coghju,
cussì piddeti un mossu e dapoi areti a cuntinuà!” ( smettete
di lavorare e avvicinatevi alla stanza del forno, abbiamo arrostito
delle salsicce e bistecchine di maiale , così potrete mangiare un
boccone e dopo continuerete..)
“ Cumpà !” risponde Minnia “
faremo a turno perchè abbiamo gli amaretti già impastati...e sono
molto delicati!”
“feddi cumenti 'uleti, noi emmu fatu”
( fate come volete noi abbiamo già mangiato!)
“ e puru biddu cumpà...e già si
'idi...seddi ruiu che zuddoni!” ( e anche bevuto compà ...siete
rosso come un cipollone!), sorride divertita la donna.
“ eh,eh!!!!” se ne va borbottando
l'uomo
Le donne si dividono a turno e vanno a
mangiare. Tea è invitata a recarsi nel primo turno.
La giovane si sente un po' stanca.
Arrivata alla casetta del forno, il padre , ziu Barori, le prepara
una vecchia poltrona vicino al caminetto , il suocero, ziu Minniu,
le porta una coperta e gli altri fanno a gara per servirla: lei
attende il nuovo germoglio del vicinato.
Anche le anziane chiedono a Tea di
riposare un pochino.
Arrivano i bambini da scuola, si
sentono i loro passi veloci nonostante la salita : “Currimmu !!!,
chi fiacu beddu....sò pronti li cosi boni! Currimmu steddi...” (
corriamo !!! che bell'odore...sicuramente sono pronti i
dolci...corriamo ragazzi!!)
Marieddu arriva per primo e si
catapulta nella camera dove “lavorano “ le donne
“ pronti so li cosi boni?” (
sono pronti i dolci?) Chiede con un sorriso birichino, il naso
rosso come una ciliegia per la corsa nell'aria frizzantina di
Dicembre.
Zia Mia fingendo un volto serio: “
non so pronti, l'emmu ancora d'incapà!” (non sono ancora
pronti, dobbiamo rifinirli con la glassa, le marmellate!)
“e candu l'incapeddi?” ( e
quando lo farete questo lavoro?) chiede il ragazzino con il
sorriso spento
“ dumani mascitettu meu!”(domani
piccolo mio!)
“ dumaniii?” Marieddu per un attimo
rimane deluso , poi gli occhi gli brillano:
“ zia Mì, ma a me li cosi boni mi
piacini mancari chena incappà!”( zia Mia, però a me i dolci
piacciono anche senza la glassa!”
Zia Mia sorride e spalancando le
braccia: “ venite dentro bambini!!” Tutti le saltano addosso con
gridolini di gioia. La donna li porta nella stanza dove ci sono i
canestri con i dolci, ne prende uno piccolo , già preparato in
precedenza. Mette in mano a Marieddu il canestro dicendogli : “andate
tutti nella casetta del forno, ci sono gli uomini che hanno
apparecchiato per voi. Prima mangiate il pranzo, dopo mentre farete i
compiti potrete sgranocchiare i dolci. Fate i bravi, noi dobbiamo
continuare , non litigate e non fate chiasso perchè c'è Tea che sta
riposando. Lo sapete che aspetta un pupeddu?”( un bambino)
“Emmu, zia Mì...aremmu a sta bonfiddoli, lu sapemmu chi ha
d'arrià lu pupeddu di Tea, e poi fra pocu è Nadali se non femmu
bravi Gesù Bambino non ci arrica nienti!”(Si, zia Mia..staremo
buoni,lo sappiamo che Tea aspetta un pupetto e poi fra poco sarà
Natale e se non faremo i bravi Gesù Bambino non ci porterà i
regali)
La donna li bacia sulla fronte come se
fossero tutti i suoi nipoti : “ andeti steddi mei!” (andate
bambini miei!) . Emozionata , asciuga una lacrima che le sale
dal cuore per tutto quell'amore che riempie le giornate del suo
Autunno e degli anziani come lei.
E' sera i più giovani rientrano dalla
campagna, dal pascolo. Lungo la salita del rione Frutteto salgono
lentamente i buoi di Baingeddu, l'ultimo carrulanti , trascinano il
carro con le ceste dei carciofi da distribuire nel vicinato.
Lungo il percorso ha raccolto “ li
maniali – i braccianti“ dagli orti. Seduti sui bordi del carro
parlano, raccontano anedotti della giornata, cose accadute in paese o
udite.
Baingeddu, figlio scapolo di zia
Maltina e ziu Cashju è detto anche “lu gazzettinu”perchè
riporta chiacchiere e pettegolezzi che ha udito dai maniali
passandole per vere come un giornalista del “Gazzzettino” alla
radio.
Ognuno scende davanti alla porta della
sua casa. “ a dumani cumpà!” si salutano mentre la luna si
solleva nel cielo.
Nel “rione frutteto” le donne hanno
terminato i dolci , sui letti delle camere di zia Mia vi sono grandi
canestri coperti da teli bianchi, tutto il rione è invaso dal
profumo dei dolci di Natale.
Le donne conoscendo l'orario del
rientro dal lavoro di mariti e fratelli avevano sospeso la
preparazione dei dolci in tempo per rientrare a casa, riattizzare il
fuoco e preparare un pasto caldo per la propria famiglia.
Prima di lasciare la casa di zia Mia si
erano radunate attorno ai canestri dei dolci per osservare soddisfate
i capolavori.
Zia Maltina : “ candu lu 'icinu
nosthru si boni ghià non ci la faci njunu!” ( quando il
vicinato nostro ci si mette...non ci batte nessuno!!)
“ eu non credu cummà!” ( credo
proprio di no! ,comà) le fa eco zia Maddarena
“ dumani aremmu a incappà tuttu e
dapoi ambarani li chjighjoni a manu e la chita ch'entra lu pani!” (
domani metteremo la glassa e completeremo i dolci, poi rimarranno
da fare gli gnocchi e la prossima settimana il pane) ricorda
Toa, tanto per dire
la sua
“ bè, tandu bonanotti e a dumani si
vò Deu!!” ( bè, allora buonanotte e a domani se vuole Dio!!) si
abbracciano le donne.
Tea vede andarle incontro
“Pulighiteddu” e dietro di lui Totoi. La giovane è felice quel
giorno ha pienamente colto il senso dell'amore scambievole nella
grande famiglia del vicinato. Nel cuore sente che per lei sarà
Natale ogni giorno; inchinatasi riceve e ricambia le coccole del
cane, poi sollevati gli occhi verso il marito prende la mano che lui
le tende,
Non hanno bisogno di parlare anche
perchè dietro loro sentono dei colpetti di tosse che li avvertono
che il vicinato vede e chiacchiera.
Entrati in casa si chiudono la porta alle spalle.
FINE
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