Per
Tania si aprì un nuovo capitolo della sua vita.
Aveva
due obiettivi da raggiungere : lavorare, guadagnare del denaro per
riprendersi sua figlia , darle una vita dignitosa ed una giusta
istruzione che le garantisse un tenore di vita migliore di quello di
sua madre.
L'altro
obiettivo era legato alla ricerca di notizie su Giosuè. Non poteva
averla abbandonata.
Di
questo si sentiva sicura.
Nella
testa tanti pensieri le si accavallarono, in confusa ,buia disarmonia
tra passato e futuro.
Sembravano
nuvole impegnate a rincorrersi per ricoprire il cielo e nascondere
il sole.
Sentì
la necessità di restare sola per fare ordine mentale,per ritrovare
quel raggio di luce che l'avrebbe spinta ad andare avanti, a lottare
: la speranza
Salutata
Gemma, cominciò ad orientarsi nella nuova casa..
La
casa era vecchiotta, l'arredamento modesto ma essenziale.
La
donna rifiutato , con garbo, l'aiuto di Gemma, iniziò a ripulirla.
Al
piano superiore vi erano due camere da letto. Una grande ed una
piccina.
Sognò,
ad occhi aperti, nella stanza grande, uno spazio per lei con Giosuè
e nell'altra sistemò, con la fantasia, un letto con baldacchino di
pizzo e tulle, lo scrittoio, i libri, i giochi per la sua piccina
Mentre
lavorava pensieri positivi cacciarono le nuvole dalla mente,
restituendole forza e coraggio
Cercò
subito lavoro andando per i campi
Anche
stavolta sbattete la faccia contro la realtà .
Conobbe
una situazione ingrata ed ingiusta nei confronti delle donne.
Sottopagate
, venivano sfruttate in lavori pesanti e senza limiti di orario.
Al
sorgere del sole uscivano dalle case, sulla porta salutavano il
figlio o la figlia maggiore ai quali era affidata la cura e la sorte
dei fratelli minori durante la giornata. Spesso portavano al lavoro,
il più piccino per allattarlo, sollevando la schiena per brevi
pause.
Sistematolo
dentro una cesta, cercavano un riparo per il bimbo, sotto un albero
ai bordi del campo.
Spesso
, le più graziose,erano oggetto di attenzioni morbose da parte del
padrone; le più difficili da gestire, perchè , la paura di perdere
il lavoro era il ricatto palesemente ostentato.
Tania
riconobbe che, seppur nella povertà, la vecchia l'aveva tenuta al
riparo dai prezzi che il povero paga, per essere tale.
Infagottata
in grezzi abiti, seminascosto il viso dentro un fazzolettone della
sua “vecchietta” trovò lavoro in un campo piantato a carciofi.
Doveva
raccogliere i carciofi dal mucchio ove venivano svuotate le ceste.
Contarli
a coppie e sistemarli in ceste in quantità di quaranta coppie.
Gli
uomini, con un cestone fissato con delle cinghie alle loro spalle,
percorrevano ciascuno un lungo solco della carciofaia, con un
coltellino tagliavano, alla base del tronco ,il carciofo e con
abilità lo lanciavano dietro le spalle, sistemandolo nella cesta.
Riempita la cesta la svuotavano in mucchio accanto alle donne che
procedevano con la conta.
Il
tutto avveniva al freddo e senza protezione per le mani , graffiate e
incallite dal lavoro duro e spinoso..
Questo
fu il primo lavoro di Tania.
Gli
altri, quando li trovava, non furono migliori.
Raccogliere
patate con la schiena china e gli occhi delle spie del padrone
addosso.
La
mietitura del grano sotto il solleone, la raccolta delle olive, la
vendemmia..........
La
giovane lavorava e si sentiva fortunata quando trovava lavoro.
Vi
erano anche i giorni vuoti ma, anche il lavoro non pagato.
“l'annata
è andata male, non si è guadagnato dal raccolto, la merce si è
deteriorata invenduta al mercato”
Tutte
giustificazioni che lasciavano il povero nella sua povertà
Affrontare
la quotidianità fu, per la giovane, il nuovo sussidiario
d'apprendimento.
Imparò
presto a difendersi dalle false amicizie. Discreta, riservata aveva
una parola gentile per tutti ma non oltrepassò mai il limite della
correttezza e non permise che altri lo oltrepassassero
Non
si pentì di aver “lasciata in custodia” sua figlia Enne dalle
suore, quando scoprì con quale disprezzo venivano trattate le
“mamme” senza marito.
Donne
alla berlina della bestialità dell'uomo e della cattiveria e
ignoranza delle donne sposate
Erano
segnate a dito e i loro figlioli chiamati “bastardi” vivevano
oltre i margini della già marginante povertà.
Rifiutò
richieste di matrimonio e ,onde evitare chiacchiere sulla sua vita
solitaria, trascorreva il tempo libero dedicandosi alla chiesa ed
alle opere di carità.
Non
ritornò mai più al convento. Aiutava Gemma e le “dame della
carità” a preparare gli abitini e le offerte per i bimbi custoditi
dalle suore ma, non volle mai fare le consegne onde evitare il
rischio di incontrare sua figlia, fino a quando non avrebbe avuto la
possibilità di allontanarsi da quel luogo.
Sentire
chiamare sua figlia “bastarda” non lo avrebbe resistito.
Raccolto
dopo raccolto trascorsero le stagioni e gli anni.
Tania
nascondeva quel che guadagnava ma, era sempre troppo poco per il suo
desiderio.
Dopo
dieci anni il parroco monsignore Piga morì.
La
donna perdeva con lui ,un valido supporto ma anche la casa.
Dopo
le esequie la giovane fu invitata dal notaio a presenziare
all'apertura e lettura del testamento.
Il
suo benefattore le lasciò in proprietà la casa.
Tania
pianse di gioia. Aveva una casa sua.
Decise
di presentarsi dalle suore, raccontarle la sua storia e chiedere sua
figlia in affidamento,
Ella
desiderava che la gente non sapesse che erano realmente mamma e
figlia.
Tutti
la rispettavano ed essendo una donna caritatevole attiva nella
chiesa, la gente avrebbe accettato l'azione dell'affidamento.
Apettò ancora qualche giorno per farsi coraggio ed assemblare le parole giuste.
Indossato un vestito dignitoso, prese in affitto un calesse e si recò al convento.
3 commenti:
Lettura con emozioni che creano attesa e partecipazione: sei andata a scuola da Diderot?. Saluti cari, ti aspetto qualche volta da Fata C
Bellissimo blog! Tornerò a leggerti con calma. Le cose belle si devono assaporare lentamente :-)
grazie...
maria antonietta.
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