Nonostante
l'accavallarsi dei ricordi Tania si dedicava con amore a preparare
l'accoglienza per sua figlia, la nipotina e la sua amica Elena con
Michela.
Mancava
un giorno all'arrivo.
La
donna ripuliva, dalla foglie secche, i gerani che pendevano con
sorrisi colorati, dalla ringhiera del breve terrazzo di lavagna.
Intanto
osservava la stradina acciottolata che conduceva alla sua casa.
Le
pietre consumate dal tempo, segnate dalla storia erano linde.
Il
giardino, nel retro della casa , profumava di rose, begonie, mammole.
Armonia di colori come se un pittore Divino lo avesse colorato.
Nell'abbellire
la sua casetta ,trascorse il giorno, arrivata la sera, Tania stanca
ma serena ,andò a dormire.
Si
sentiva ricca: aveva una figlia,la nipotina, una casetta ed un
giardino. Il tutto pagato a caro prezzo, pensò la donna, lasciando
che i ricordi si affacciassero alla sua mente, dal suo dolce, mai
rassegnato, cuore.
Partorita
la bambina , la seguì la placenta.
La
giovane Tania, con il coraggio che prende chi sta nel bisogno , reagì
istintivamente.
Si
tamponò, sollevò la bambina finchè pianse, poi tagliò il cordone
ombelicale e........la strinse al suo petto.
“benvenuta
figlia mia!” sussurrò evitando lacrime di disperata solitudine.
“Amore
ritorna!” pregò all'immagine di Giosuè nella sua mente
“nonna
Teresa, stammi vicino!” chiese al ritratto della vecchia che
l'aveva allevata.
Dopo
qualche ora la piccola strillò chiedendo il suo diritto: soddisfare
la fame.
Tania
sorridendo le porse il seno e la bimba succhiò il latte.
La
giovane sentì l'amore materno pervaderla , la forza che l'avvolse le
diede coraggio e serenità
“figlia
mia lotterò per te..........sarò la tua mamma e tu il dono più
prezioso che Dio mi abbia dato!”
La
riempiva di tenere coccole, sorrideva speranzosa in un futuro con sua
figlia.
Trascorsero
tre mesi.
Tania
si riprese.
Ogni
giorno la donna lottava con la realtà.
La
bambina da curare, le pecore al pascolo, la mungitura, il campo da
coltivare........
Arrivò
l'inverno e con lui il freddo.
Cadde
anche la neve. La legna per il caminetto scarseggiava............Il
suo vivere era un continuo sbattere la faccia con la sua situazione
di giovane-mamma sola.
Enne
si ammalò.
Una
sera fu presa da forte febbre.
Tania
le mise sulla testa un panno colmo di neve. La piccina parve
riprendersi.
Alla
notte peggiorò.
La
giovane piangeva “cosa fare figlia mia???!”
singhiozzava
respingendo la soluzione che la mente le suggeriva e che il cuore
respingeva.
La
paura di perderla per sempre la fece decidere.
Avvolse
la bambina nei panni che aveva, le mise al collo la catenina d'oro
con la “T” che era stata la sua, la coprì con una coperta ed
uscì di casa.
Strinse
al cuore la sua piccina, mentre si dirigeva verso il monastero.
Avrebbe
lasciata la bimba nella “ ruota degli infanti” , come facevano le
mamme che non potevano allevare i propri figlioli.
La
neve, cadendole addosso, si scioglieva tra le sue lacrime, bagnava le
sue parole …........
“ piccola
mia, sono costretta a lasciarti, le suore ti accoglieranno, ti
cureranno.................ti prometto che verrò a
riprenderti.........la collana che hai al collo sarà il legame tra
noi e mi servirà per riconoscerti......io andrò in città,
lavorerò, risparmierò per comprare un campo da coltivare, una
casettina per accoglierti e allora.......................busserò
alla porta del convento.......................e ti riporterò a casa
con me.....luce dei miei occhi” singhiozzò avanzando come un
automa.
Il
dolore le spezzava il cuore ma la situazione disperata non le
lasciava altra strada.
Arrivata
al monastero, si guardò attorno.
Tutto
era ovattato. Si avvicinò alla porticina, strinse la piccina e cercò
di sistemarla dentro la ruota.
Subito
la ritirò, così continuò ,finchè, Enne si mise a piangere.
Disperata
che, qualcuno udendo il pianto uscisse fuori ,poggiò la bimba sui
gradini del portone del convento e si nascose nel buio.
La
porta si aprì ed apparvero due consorelle
“avevo
udito bene, era il pianto di un bimbo!” disse una suora accogliendo
la bimba tra le sue braccia.
“ha
la febbre!.....portiamolo dentro” aggiunse.
Le
consorelle sparirono all'interno chiudendo il portone sullo sguardo
smarrito di Tania.
3 commenti:
Ciao Maria Antonietta, l'aria fresca di questa mattina estiva mi ha suggerito di tralasciare qualche faccenda e di rilassarmi un po' e allora, come mi ero proposta, ho letto il tuo racconto per intero, fino a qui. E' una narrazione avvincente e commovente, poiché evoca sentimenti profondi in scenari ora familiari, ora suggestivi con figure e tratti di stile che ricordano la tua grande conterranea Grazia Deledda.Fu la mia amata maestra a parlarmene la prima volta e, anni dopo, i sui romanzi mi sono rimasti nel cuore e lì ho "conosciuto" la Sardegna, dove, peraltro, non sono mai stata.
Permettimi un suggerimento: non pensi che l'uso esagerato dei puntini di sospensione ( di manzoniana memoria...e dovrebbero essere tre) sia una improprietà che appesantisce anche visivamente lo scritto? E' da tempo che te lo volevo dire, come sai io sono un'autodidatta e l'interazione anche tecnica sulla qualità della scrittura per me è un valore irrinunciabile.
Complimenti per la qualità narrativa di queste pagine, aspetto il seguito con interesse e ti saluto con affetto Marilena
ciao Marilena....intanto grazie...per i puntini di pausa-sospensione sono stata già ripresa...sono esagerati...ma...quando scrivo sto dentro il mio racconto, dentro ciascun personaggio, sono così immedesimata che i puntini coprono le reali pause di pensiero, di emozioni, di impotenza, di riflessione........
un abbraccio
maria antonietta
Se a Manzoni ne bastavano tre per far intuire emozioni, stati d'animo, retroscena ecc...penso che bastino anche per te. Sento che altri ti hanno fatto lo stesso appunto, sono contenta di non essere sola a contribuire, spero, ad ovviare ad un aspetto non felice della tua scrittura, del resto molto apprezzabile. Non voglio fare il grillo parlante, ma mi sforzo di essere oggettiva( se tu fossi più vicina ti darei un pattone!): quando qualcuno mi critica, in modo sincero e costruttivo, si intende, io sono contenta, perché vuol dire che si occupa positivamente di me. Noi non siamo i padroni della nostra lingua, ma i fruitori e i custodi, basti pensare alla grande lezione dell'Accademia della Crusca, "il più bel fior ne coglie". La matematica non è un'opinione, ma nemmeno la grammatica lo è ed un lettore attento è infastidito da quello che secondo te fa parte dell'espressione creativa, ma in fondo è un errore di punteggiatura vistoso e reiterato e solo chi non ha a cuore la tua produzione letteraria non te lo dice, per indifferenza ed incuria. Mi piace essere sincera , lo sai da tempo e sono sempre disposta a recepire la sincerità altrui, altrimenti questi scambi on line sarebbero sdolcinati e insulsi compiacimenti verbali. Aspetto il seguito del racconto e ti saluto con l'affetto di sempre Marilena
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