il coraggio di Tania.
I
ricordi erano dolorosi ma, il destino sempre avverso con lei, ad un certo punto mutò.
Alle
tre del mattino, Tania, si svegliò. Serenamente si alzò dal letto.
Fuori era ancora notte, la luna con il suo buffo sorriso a spicchio
verticale, vegliava sui sogni degli uomini.
Dopo
poco sarebbe sorto il sole che, cacciando le tenebre, avrebbe dato
luce al nuovo giorno.
Quello
tanto atteso, il giorno dell'arrivo della sua figliola.
Affrettatasi
al lavabo mise, l'acqua nel catino e si lavò.
Indossato
il modesto vestito ed un grembiulone bianco si dedicò a preparare il
pane.
Setacciò
la farina, la impastò con acqua e sale e ,dopo avere lavorato
l'impasto con il lievito, lo coprì, affinche, riposando si
gonfiasse.
Nel
frattempo accese il forno a legna utilizzando la fascina che aveva
preparata la sera avanti.
Quella
notte che abbandonò la sua bambina; quando le suore chiusero alle
loro spalle il portone, la giovane Tania si sentì veramente sola.
La
mente sconvolta rifiutava qualsiasi pensiero.
Tremante
, sconvolta prese a camminare.
Passo
dopo passo si ritrovò nei pressi del fiume.
Decise
di gettarsi tra le braccia della leggenda. La dama del fiume
l'avrebbe accolta e consolata.
Non
fu così. La dama del fiume l'accolse duramente. Completamente
ghiacciata, respinse la giovane facendola scivolare fino alla
casetta.
Dolorante,
Tania si sollevò e rientrò nel suo freddo,vuoto nido.
Tolte
le vesti fradicie si buttò sul letto, si coprì con una vecchia
pelle di agnello e si addormentò.
Non
seppe mai quanto dormì. Quando si svegliò ,nonostante il forte mal
di testa, si alzò ,accese un focherello e scaldatasi un po' di latte
lo sorseggiò ritrovando la forza per riflettere e decidere.
Raccolse
le sue misere “cose”in una sacca, Indossò un vestito
dignitosamente lindo. Richiamò le pecorelle, mise le galline in un
altro sacco, legò il maialino con una cordicella e chiusa la casetta
si lasciò alle spalle l'adolescenza per affrontare una nuova vita
alla ricerca di un lavoro che le avrebbe dato l'opportunità di
riprendersi la sua figliola.
Arrivata
in città si recò al mercato e vendette gli animali.
Con
i soldi ricavati comprò un vestito da contadina nuovo e delle
scarpe.
Preso alloggio in una locanda, indossò
i nuovi vestiti. Si concesse un riposino per trovare le forze e
pianificare il suo futuro.
Nel primo pomeriggio, dopo aver
consumato un pasto frugale, uscì.
Si sentiva rianimata dal pensiero che
Enne avrebbe ricevuto le cure di cui necessitava; le mancava, però
la consolava la certezza che l'avrebbe ritrovata e poi, nella vecchia
casetta aveva lasciato un messaggio per Giosuè, nel ritorno, del
quale, riponeva accesa fiamma di speranza.
Camminando velocemente si recò alla
chiesa parrocchiale.
Entrò ed inginocchiatasi davanti alla
statua della Madonna con in braccio il suo figliolo pregò:
“ a Te che sei la mia unica mamma
affido il mio cuore dolente,
inginocchiata ai tuoi piedi, asciugo
le mie lacrime tra le pieghe delle tue vesti.
Tu conosci il mio tribolare, stammi
vicina nelle scelte,
parla al mio cuore, consigliami,
Madre di Consolazione.
Donami la forza di affrontare il
tempo che mi separerà da mia figlia,
riunisci i miei amori sì che
possiamo vivere poveri ma insieme.
Prima che le lacrime riprendessero a
scorrere intaccando con la pietà il rinnovato coraggio, Tania baciò
i piedi della Vergine e con un incoraggiante sorriso si recò alla
canonica.
Al suo bussare si affacciò una donna
non molto giovane.
“ buon giorno signora” salutò
Tania
“ buon giorno a te ragazza” rispose
la donna che dopo aver stretto il labbro superiore, mettendo in
mostra dei validi baffetti, con tono distaccato aggiunse: “ non
sono signora, ma signorina e sono la perpetua di Monsignore! Perchè
hai bussato?”
La giovane si scusò con un timido
sorriso
“ sa!” aggiunse, con sguardo dolce
“ vengo dalla campagna ed è la prima volta che arrivo in città!”
“ dimmi che cosa ti occorre?”
chiese la donna ammorbidendo il tono.
“ se posso ,vorrei parlare con
Monsignore!”
“ attendi un attimo qui” disse
facendola accomodare dentro “ andrò a chiedere se Sua Eccellenza
può riceverti!” e fatto qualche passo si voltò:
“scusa ,come ti chiami?”
“ mi chiamo Tania, sono la nipote
della vecchia del fiume!”
“ahhhh!” fece la perpetua frugando
nella sua mente.
Monsignore la ricevette.
La giovane intimidita si sedette dove
le fu indicato.
Incoraggiata da un viso bonario , aprì
il suo cuore. Raccontò tutta la sua storia omettendo Giosuè ed
Enne.
Tania chiese che le venisse indicata
una casetta da prendere in affitto ed un lavoro.
Il parroco la invitò a scegliere un
lavoro a servizio presso una nobile famiglia, questo le avrebbe
garantito vitto e alloggio e dei vestiti, forse anche del denaro.
La giovane, con garbo, insistette sulla
sua posizione. L'offerta non corrispondeva alle sue aspettative.
“come farai da sola figlia mia?”
chiese Monsignore.
“lavorerò a giornata nei campi!”
rispose con convinzione “ ogni stagione ha i suoi frutti: vi sarà
il tempo della semina, coltura, mietitura del grano, il periodo delle
patate, del tabacco, dei carciofi, della frutta!...Dio non ha figli
abbandonati...!”
Monsignore rimase colpito dalla forza
delle convinzioni della giovane.
Abbassò la testa e con le mani giunte,
come in preghiera , stette qualche attimo fermo in statuaria
posizione.
Poi, sollevato lo sguardo parlò:
“figlia mia, nel “ borgo antico”
vi è una modesta casetta su due piani. Era la casetta della mia
povera mamma. Ella, rimasta vedova in giovanissima età, la tenne
per me, facendo tanti sacrifici per non venderla. Lavorò nei campi,
mi mandò in seminario e riuscì nel suo intento.
Mentre tu, figliola mia, parlavi
aprendomi il tuo cuore, l'ho rivista in te ,con la sua tenacia, il
suo coraggio...! Nel mio cuore ho sentito che quella casa sarà la
tua casa!”
Tania emozionata da quello spiraglio di
luce inaspettato:
“monsignore vi pagherò
l'affitto...!”
“figlia mia!” le strinse le mani
monsignore, “ la parrocchia ha sempre bisogno di denaro per aiutare
i poveri ma, soprattutto l'orfanotrofio ,dove le consorelle allevano
bimbi orfani o abbandonati da povere madri!”
Lacrime amare salendo dal cuore di
Tania, scesero sulle sue giovani gote.
“stabilite il prezzo dell'affitto
monsignore!” singhiozzò
“figlia mia, fa che sia una donazione
a seconda delle tue possibilità!”
Detto questo chiamò la perpetua
“ Gemma, per favore, prenda il
calesse ed accompagni Tania al “borgo antico” andrà ad abitare
nella casetta della mia povera mamma...porta con te qualche
provvista! Grazie”
Abbracciò Tania:
“auguri figliola!” Così la salutò.
2 commenti:
Buongioirn, Maria Antonietta.
Il tuo racconto continua a svolgersi in un alterarsi di situazioni legate alla più classica tradizione nerrativa che riecheggia nelle pagine ora dolorose, ora commoventi, come nei romanzi che hanno avvinto i lettori di tutti i tempi.
Pensa, se questo racconto avesse una versione cartacea, quanto dovrà essermi grato il correttore di bozze per averlo salvato dalla grandinata di puntini...TI ABBRACCIO mARILENA
^ _ *
pensa se ci fossero stati solo i puntini senza le parole......?
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