Tutti al mare
E' un freddo
pomeriggio.
Tea al riparo d' una
roccia, erta in mezzo la macchia mediterranea che precede la
spiaggia, osserva la natura accarezzata dal grecale. E' Autunno.
Autunno inoltrato
fuori e dentro lei.
La Primavera e l’estate sono volate velocemente come l’infanzia e l’adolescenza.
La Primavera e l’estate sono volate velocemente come l’infanzia e l’adolescenza.
Ha davanti a se il
mare. I gomiti poggiati sulle ginocchia, il mento sulla mano osserva
le onde giocare con le rocce, nascondersi negli anfratti, rubare la
sabbia alla battigia. Lo sguardo subisce il suo fascino. Lo ha
amato da sempre, a lui continua ad affidare i suoi pensieri, in lui
si perde e si ritrova, fin da bambina. La mente si rilassa rivivendo
il mare nei ricordi dolci e colorati dell'età più tenera della
vita.
Come petali di rose
dimenticate dentro un libro appaiono fragili immagini profumate
d'infanzia. Si rivede bambina con i genitori, la sorella i tre
fratelli, zia Pina, vedova del fratello della mamma, e i loro tre
figli. Tea, i fratelli, la sorella, i cugini avevano vissuto il tempo
libero, di quella prima parte della loro vita, insieme.
Durante le vacanze
per le feste di Natale, Pasqua ma soprattutto in Estate erano
un'unica famiglia.
Le scuole chiuse,
giorni e mesi di vacanze da vivere con quella che Tea considerava,
ancora adesso che è mamma e nonna, la sua famiglia base.
Il giorno più
atteso della settimana era la domenica, chiusa l'officina, il babbo
portava tutti al mare.
La domenica iniziava
dal sabato con l’arrivo della zia Pina e dei suoi tre figli.
La mamma e la zia,
tutto il sabato davanti ai fornelli a preparare il pranzo e la
merenda per la giornata al mare.
Pietanze così
numerose e abbondanti che evidenziavano i ricordi della fame vissuta
nel periodo della guerra. Tea, ad occhi chiusi, sente quei deliziosi
profumi e aromi delle innumerevoli pietanze. Polpette fritte e poi
affogate nel ragù per condire gli gnocchi, piatto forte per i
ragazzi. Seguivano melanzane impanate, ripiene di mortadella,
rimpanate e rifritte, le rimanenti erano sistemate tra strati di sugo
e formaggio nella teglia che, infilata nel forno, le amalgamava
trasformandole in succulenta parmigiana. Zucchine fritte, ripiene,
porcetto arrosto e qualche chilo di fettine impanate per la merenda
dei “lupi” affamati. Era normale preparare la lepre in agrodolce,
l’insalata di polpi con le patate marinati con aglio, prezzemolo,
peperoncino, olio e aceto, insalata d'aragosta, frutta e verdura...
Tea e sua sorella
aiutavano in cucina.
Si sentivano
prigioniere e infelici nel “bruciare” le ore del sabato aiutando
la mamma e la zia senza un attimo libero per preparare “l'occorrente”
per giocare al mare. Cosa, invece, concessa ai maschi.
Tra cugini e
fratelli erano sei, tutti impegnati nel preparare “gli attrezzi”
per vivere l’avventura al mare, ma soprattutto, il dopo pranzo
quando, le madri imponevano la regola “niente bagno prima delle
quattro ore!”
Terminato il pranzo
era concesso loro “ giocare nei dintorni” tranne entrare nel mare
e nel fiume
I maschi, più
numerosi ma anche più grandi, decidevano loro come trascorrere le
ore della digestione, vi era un’unica certezza “ niente femmine!”
Per seminarle
sceglievano i sentieri più impervi, i più sassosi…..raccontavano
di lucertoloni, Tea paurosa, sarebbe anche ritornata indietro ma sua
sorella, “ maschiaccio “ per natura, li seguiva con prepotenza,
Tea per non sentirsi inferiore, le stava dietro. Era, sempre quella
che titubante chiudeva, la fila.
S'immettevano in
una radura con cespugli di macchia mediterranea e ruderi di capanne
di pastori abbandonate. Tea ricordava “ i maschietti”
trasformarsi in Tarzan, cacciatori, soldati. Lei e la sorella, pur
non potendo partecipare potevano “osservare” le battaglie a
condizione che non facessero le “spie”. Le due sorelle
consideravano un privilegio seguirli, soprattutto se ricevevano la
grazia d'esser ammesse ad alcuni giochi più adatti anche alle
“femmine”. Tea adorava giocare con i fratelli ed i cugini “a
gli sciatori”. Dopo aver faticosamente risalito montagne di sabbia,
scivolavano fino alla spiaggia, utilizzando il cartone come schettino
sulla neve. A volte, le due sorelle non guadavano il fiume, si
fermavano sulla sponda. Chiusi gli occhi, la donna si rivedeva con
la sorella immergere le mani nell'acqua pura, gelida, trasparente di
“Fiumesanto”, per cogliere manciate di sabbia finissima da
filtrare in cerca di ciottoli bianchi per giocare alle “cinque
pietre” I ciottoli erano rari ma non le palline nere degli
escrementi di pecora che l'acqua fredda rendeva abbastanza resistenti
per il gioco.
La domenica mattina
gli ultimi preparativi. La mamma metteva sulla fiamma il pentolone
per cuocere gli gnocchi, nel frattempo, la zia Pina, Tea e sua
sorella sistemavano le pietanze nelle terrine.
Non esistevano i
frigo portatili o i contenitori di plastica ma tutto rigorosamente di
ceramica, terrine,” noooo!” meglio definire “terrone” veri e
propri “lavamani,” di tutte le grandezze, contenevano il cibo
fino al bordo ricoperto con coperchi di pentoloni , tenuti fermi da
teli di cucina, annodati per gli angoli. Il tutto sistemato dentro
cassette di legno. In altre cassette si sistemavano piatti lisci e
fondi, posate di acciaio e bicchieri di vetro, bottiglie di birra e
di vino e una bibita gassosa “la spuma”. Una cesta di pane.
Tutto avvolto in
tovaglie e tovaglioli di stoffa, che al mare avrebbero svolto il loro
reale compito anche se decorate di profumate macchie d'olio
Finalmente, mentre,
la mamma annegava in abbondante ragù e formaggio gli gnocchi, il
babbo svolgeva la cerimonia dell’aragosta, l'ultima pietanza.
Prendeva, con cura,
l’aragosta lessata, l'allungava sul tagliere poi , con mano
sicura, la tagliava al centro della schiena, evitando di spezzare il
filo rosso che toglieva mostrandolo orgogliosamente intero.
Poi la spolpava e
tagliata a pezzi, la condiva con pinzimonio di limone e olio.
“che emozione!”
Finalmente pronti,
iniziava la fase sistemazione cassette e “umani” dentro e fuori
la “giardinetta” familiare.
Prima le cassette.
I ragazzi aiutavano a sistemarle sul portapacchi, agli ordini del
babbo. Cercavano gli incastri come in un puzzles, quindi sistemava
almeno tre ombrelloni, due sdraio, una a strisce gialle e l'altra
arancione, sediette di legno, la “valigia da spiaggia”, un
simbolo dello sviluppo economico degli anni sessanta. Tutto era
ricoperto con i teloni degli ombrelloni, iniziava, quindi, la fase
“prendi la corda“ “adesso lancia la corda”, ahiaaaa!, stai
attento!!! ma non ti ho visto!”...
Legare tutto sul
portapacchi era veramente un’ impresa, tanto era alta la montagna
di bagaglio.
In cima alla
montagna vi era l’amore, la passione dei ragazzi: la cameradaria di
trattore o camion, rattoppata e gonfiata con cura dai maschietti ,
praticamente l'unico salvagente per lo sciame di ragazzini.
Non era un semplice
salvagente ma la zattera dei pirati, la piscina per tuffarsi dentro
come delfini. Piccolo dettaglio: la grossa cameradaria aveva una
valvola enorme, quindi tutti lottavano per non prenderla sulla
schiena, sulle cosce, perché i segni che lasciava duravano oltre la
settimana. Era ovvio: quello accanto alla terribile valvola, era
l’unico posto riservato alle femmine.
Infine, sistemati i
bagagli, prendevano posto le persone.
In macchina, sul
davanti sedeva la mamma .
Nel sedile
posteriore le femmine e la zia ed un maschietto, preso a caso per le
orecchie, perché tutti volevano andare nel portabagagli che il babbo
chiamava sorridendo “la conigliera”:
I ragazzi , cinque,
entravano ad uno ad uno tra vari “aia!, spostati! E stringiti!”
Stavano stretti,
anche perchè nelle tasche custodivano oggetti personali come la
fionda, le biglie, la pallina fatta di fette di cameradaria di
bicicletta sovrapposte l'una sull'altra con un sasso per baricentro
!! ” Tea sorrideva con tenera malinconia a quelle pennellate di
colori che si aprivano la strada tra i meandri della mente. Rivedeva
la macchina stracarica partire verso la spiaggia, dove si sarebbero
incontrati con le altre famiglie di parenti. Arrivare a “Fiumesanto”
non era cosa facile. La “giardinetta” aveva problemi alla pompa
“C”. Ogni pochi chilometri si ingolfava di benzina e il motore si
fermava. Il babbo di Tea scendeva dalla macchina, sollevava il
cofano, tolta la famigerata pompa, vi soffiava dentro a tutto fiato,
sputata la saliva imbenzinata ritornava alla guida fino alla
prossima ingolfata e così fino al mare dove arrivava bruciato dal
sole. Ci si accampava sempre nello stesso punto, come se si fosse
pagata la tassa di soggiorno e approssimativamente nello stesso
orario dello zio Luigi con la sua cinquecento simile ad un guscio di
tartaruga, tanto le gomme sparivano schiacciate dal peso del carico
di persone e bagagli.
Alcune volte si
univa la famiglia del cugino Nino con la moglie Anna, favolose le sue
polpette al rosmarino, e i loro due figli.
Una tribù al
completo.
“Però, che sfiga”
rifletteva Tea,
Le bambine erano
tre, i maschi almeno otto, anche dieci.
Appena arrivati, il
babbo apriva gli sportelli e, come nei migliori film comici, si
usciva uno dietro l'altro. Si era così numerosi che si aveva
l'impressione che da una portiera si uscisse per rientrare
dall'altra.
Subito, si riceveva
l’ordine: “che nessuno scappi! Ci sono i bagagli!”
E dopo la fatica per
metterli su iniziava il lavoro a ritroso, metterli giù dal
portapacchi e trasferire il tutto sul punto scelto dalle madri.
Sistemati i bagagli,
baci e abbracci con i familiari già arrivati, e via al rito
”sistemazione ombrelloni e tendoni”.
Il compito dei
ragazzi era quello di mettere la sabbia per fissare le tende, passare
le corde per legarle a paletti fissati dentro i fossi scavato,
precedentemente, in profondità nella sabbia. Ora che
“l’accampamento” formato dai colorati ombrelloni e relative
tende delle tribù era a posto ormai, l'orologio segnava due dopo
mezzogiorno...finalmente “via tutti in acqua”….tra le urla
delle mamme
“non andate
lontano!, guai a chi tiene la testa di qualcuno sotto l’acqua!, non
vi picchiate! Lasciate spazio alle bambine! E voi bambine non fate i
maschiacci!”
Nemmeno uno di
questi “ordini” veniva eseguito.
Ci si tuffava
schizzandosi a vicenda, si tiravano manate di acqua e poi il babbo
lanciava la cameradaria che, con un tonfo toccava l’acqua tra le
grida gioiose dei ragazzi., le mamme continuavano a dare ordini e il
babbo tranquillamente
“ma lasciateli
giocare!”
“ ma se annegano?”
gli urlava la mamma
Il babbo con
tranquilla ironia” non preoccuparti sono così numerosi che non se
ne accorge nessuno!”
Zia Pina coglieva
sorridendo la battuta, la mamma né coglieva, né sorrideva.
Tea rivedeva e
risentiva il loro schiamazzare gioioso confuso con le grida dei
gabbiani che si allontanavano, con frullio di ali, alla ricerca di
lidi più quieti.
Tutti si
arrampicavano sulla grossa cameradaria per tuffarsi dentro e
rispuntare con uno schizzo d’acqua, si spingevano, si spintonavano
per raggiunger l’ambito posto…però non litigavano
-Nel frattempo i
“grandi” preparavano la “tavolata” per il pranzo.
Tavoli, sedie,
sdraio, tovaglie, ognuno metteva quel che aveva portato. Le pietanze
erano le stesse.
Le mamme
confrontavano i metodi di preparazione vantando ciascuna la propria
arte culinaria.
Seduta sotto un
ombrellone vi era una cugina, poco più piccola di Tea: Rosy.
Era la figlia dello
zio Luigi, nata dopo diversi maschi. I suoi genitori, poichè
soffriva di asma , la tenevano chiusa come dentro una campana
Indossava un costume
“da bagno” ( si fa per dire) cucito dalla sua mamma con della
stoffa di maglia, per proteggerle il petto e le spalle dai colpi
d’aria e, con quaranta gradi all’ombra, dopo aver indossato sul
costume un golfino di filo di cotone, osservava, con i suoi grandi
occhi tristi e circondati da grosse occhiaie, i fratelli e i cugini
che giocavano. Al ricordo Tea s'intristisce. Rosy, nella sua scelta
di vita sarà segnata non dall'asma ma dall'ossessiva protezione dei
genitori.
Appena la tavolata
era pronta, esattamente un’ora , più o meno dall’inizio del
bagno, i ragazzi erano richiamati perchè uscissero fuori ad
asciugarsi.
Grandi proteste
ricevevano in risposta. Uno usciva, un altro ritornava dentro
Ma era inutile, la
mamma di Tea sgridava, non solo i figli ma anche il marito, più
permissivo e paziente, perché si imponesse con i figli.
La zia Pina aveva un
modo molto personale e raffinato per richiamare i suoi : emetteva un
leggero fischio inspirando l’aria tra i denti, con le labbra
leggermente aperte.
Alla fine si usciva
tutti dall’acqua, brontolando e imbronciati, si asciugavano e poi
si sistemavano vicini, seduti sul secchiello rovesciato.
E la tavolata?”
era per gli adulti!!!
Iniziava il giro
delle pietanze.
I ragazzi, anche se
avevano accordato di mangiar poco per ridurre quelle famigerate ore
della digestione, finivano con il mangiare come lupi, secondo le
leggi dell’adolescenza.
Dopo tre ore di
attesa per il secondo bagno i fratelli di Tea, insieme ai cugini
facevano le piramidi umane. I più grandi alla base, sopra le loro
spalle i medi, fino ad arrivare a metter su il più piccolo. A questo
punto la piramide crollava e dove?
guarda caso sulla
battigia, così crolla adesso, crolla dopo, i ragazzi erano tutti
bagnati,
A questo punto il
coro. Possiamo fare il bagno?
Risposta corale dei
Grandi “ perché siete asciutti?
Al solito il padre
di Tea: lasciateli andare a giocare nell’acqua”
E tutti a correre
con tuffi e spanciate nelle cristalline acquee incontaminate.
Il sole sta
tramontando sul mare. E' ora di rientrare. Chiuse le veline dei
ricordi tra le pagine del tempo, strette il golfino sulle emozioni
del cuore Tea riprende lentamente la strada verso il suo oggi.
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