Rosina incontra Antoni
Man
mano che la famiglia cresceva lo spazio nel lettone diventava sempre
più esiguo, così che Giuanne chiese al padrone il permesso di aggiungere
una camera, cioè un’altra “pinnetta “, al fianco della precedente..
Ottenuto il consenso, insieme ai suoi figli più grandi, si mise al lavoro.
Raccolsero
i sassi dalla campagna, e sovrapponendoli ad incastro, com’era usuale
per costruire muretti divisori di terreni confinanti, prepararono la
“nuova camera” dove avrebbero dormito i figli.
Fecero il tetto con alcune travi di legno di leccio e canne; rivestirono il tutto con frasche.
Per ultimo lasciarono la pavimentazione.
Armati di pale e bastoni appiattirono, schiacciando con gli “arnesi” la terra dentro la “ pinneta”e
” lu pamentu” fu pronto.
Le donne di casa prepararono stuoie di canna e asfodelo che, alla sera, venivano aperte e stese come materassi.
Al
centro della stanza, Giuanne costruì “ su foghile” recintando uno
spazio tondo con dei sassi , così, nel gelido inverno della montagna si
poteva accendere il fuoco per dare un po’ di calore al riposo dei figli.
Terminato il lavoro accesero il fuoco , il fumo uscì dalla canne del tetto dopo aver invaso tutta la pinneta.
I ragazzi sistemarono le loro stuoie a raggiera attorno al “foghile”: da un lato le femmine e dall’altro i maschietti.
Tutti
si sentivano orgogliosi di quella nuova “casetta” e anche i più
piccini chiedevano “il privilegio” di dormire nel nuovo spazio.
-
Man mano che cresceva ,Rosina , si rendeva conto della loro vita ricca
solo di miseria, ignoranza, sacrificio duro e senza orario, che dava
“benessere” solo al padrone ed alla sua famiglia.
Loro avevano una vera casa, con camere vere e sopra un tetto sostenuto da tavole grosse di leccio, ricoperte di tegole.
Le pareti erano rivestite di legno.
Vi
erano le camere da letto con letti, armadi e cassapanche intagliate
artigianalmente , la sala, persino lo studio con la scrivania
intagliata nel legno massiccio, dove il padrone teneva i conti.
I loro figli, ben vestiti, calzavano scarpe fini andavano in città per studiare.
Avevano
tanti servi: povera gente che si riteneva onorata di servire il padrone
in un posto dove il cane e le pecore valevano più di loro.
Essi
mangiavano in cucina, dopo i padroni, di quello che avanzava nel paiolo
e, dormivano stendendo una stuoia davanti al grande camino della
cucina.
Spesso nella cucina vi era anche “ su foghile”. Nelle
fredde giornate invernali, i servi accendevano entrambe le fonti di
calore, poi trasportavano bracieri di brace fiammante nelle camere nei
padroni.
- Rosina vedeva i suoi genitori invecchiare, prima del tempo, pressati dal duro lavoro.
Sua madre andava a la “balza” per lavare i panni dei padroni
Spesso,
la ragazza, l’aveva aiutata, soprattutto in inverno, quando il ghiaccio
formava uno stratto duro sulla superficie del vascone di granito.
Con
un sasso lo spaccavano e dopo aver messo a bagno i panni nel catino con
la cenere, li sbattevano sulla vasca e li immergevano per
risciacquarli.
La pelle delle mani della mamma era spessa, indurita e callosa, anche il suo viso esprimeva la sottomissione per sopravvivenza.
La
ragazza soffriva per lei e per loro; viveva la sua vita consapevole
della grande ingiustizia tra la vita dei padroni e quella dei servi.
Alla sera, sfiancata dalla fatica, stava con gli occhi aperti al buio, cercando , inutilmente, una via d’uscita.
Con
suo padre non poteva neanche parlarne, per lui era “peccato grave”
pensare male del padrone, o ad una vita diversa dall’esser servo
“ servi siamo nati e servi moriremo!” diceva “ noi siamo fortunati che abbiamo un padrone generoso!”
Sua
madre cercava di convincerla a non pensare di cambiare la sua vita ma
di accettare la corte di uno dei servi che l’aveva chiesta in sposa e
di formarsi una famiglia.
“Se ti comporterai bene!” diceva “ il padrone darà anche a te e al tuo sposo la possibilità di avere una “pinnetta” vostra!”
Rosina, per non darle dispiacere non rispondeva, però nel suo cuore pensava:
“ non farò mai la tua fine, ci sarà pure una via di uscita!”
Sognava ad occhi aperti di lasciar quella montagna …….ma non sapeva come.
Una
mattina, mentre , passava sul”pamentu” la scopa di saggina sentì
arrivare l’asino di “ziu Giogliu” e la voce dell’uomo che chiedeva :
“c’è nessuno ´è arrivato il venditore!!!!”
Rosina si recò sorridente sulla soglia, perché quando arrivava il venditore si chiacchierava.
Egli
portava notizie dagli altri paesi e dalle città. Il suo arrivo dava una
nota di allegria alla scansione abitudinaria della giornata.
Lo vide arrivare, sorridente e allegro come sempre, ma non era solo.
Un bel giovanotto bruno gli camminava accanto
“ buon giorno Rosina!” la salutò “oggi sono in compagnia!”
“buon giorno “ziu Giogliu……..e vedo!” rispose arrossendo la ragazza .
“ci sono novità?” chiese il venditore
“ no, no qui è sempre tutto uguale!” rispose Rosina “ accomodatevi a fatemi vedere della tela di mussolina!”
L’uomo legò l’asino all’anello apposito fuori del portoncino della pinnetta e presentò il ragazzo
“ Rosina
questo è mio nipote Antoni, d’ora in avanti verrà con me , per imparare
il mio mestiere, sai io sto invecchiando e qualcuno mi dovrà
sostituire!”
Il giovane guardando Rosina con due occhi lucidi come olive mediterranee esposte al sole, sorrise dicendo un timido “piacere!”
A sua volta ,la ragazza arrossendo rispose “benvenuto!”
Poi trovando coraggio li fece accomodare dentro .
Ziu Giogliu , aiutato dal nipote prese le bisacce ed entrato tolse la mercanzia poggiandola sulla “mesa”
Rosina
toccava con mani sicure la stoffa, mentre, discuteva con il
commerciante, girava contemporaneamente il mestolo nel paiolo poggiato
sul “treppiede” , ove sbollentava il minestrone, emanando un profumo che
avrebbe resuscitato i morti, figuriamoci Ziu Giogliu, che si invitava a
pranzo ogni volta che sentiva in lontananza la campane della chiesa
suonare il tocco delle dodici.
Comprata la stoffa Rosina , pregò, il commerciante ed il nipote a trattenersi a pranzo.
Invito subito accettato.
La
ragazza uscì nel cortile e chiamò i suoi fratellini , cinque tra maschi
e femmine , di età dai due ai dieci anni, si affrettarono dentro,
Gli
altri erano al campo o al pascolo, avrebbero mangiato il pane e
formaggio che avevano portato con loro, oppure erano al servizio dentro
la casa del padrone ad aspettare i suoi avanzi.
Preparato un catino d’acqua, la ragazza cominciò a lavare visi e mani sporchi di bambini che brontolavano.
Si sedettero a tavola. Antoni , non aveva ancora parlato, però non aveva distolto un attimo gli occhi di dosso alla giovane.
Anche Rosina, pur non guardandolo direttamente, aveva colto quello sguardo fisso su di lei.
-
Ziu Giogliu era un gran chiacchierone e fra le tante chiacchiere e
notizie che riportava, una attirò l’attenzione della giovane:
“ in
città molti giovani stanno emigrando in America, dicono che a fare i
servi si fa la fame e i padroni si arricchiscono, invece in America ,
c’è il lavoro e si guadagnano soldi, tanti soldi!”
Antoni:
“anche io vorrei partire, sono stanco di questa miseria, voglio lavorare
per guadagnare e spendere come voglio io , e non lavorare per un pezzo
di pane e dire anche “grazie”per quel pezzo di pane tanto sudato!”
“figlio mio!” rispose lo zio, tu un futuro ce l’hai, io ti lascerò l’asino e la mercanzia!”
“ ziu
Giogliu con tutto rispetto voi non riuscite a capire, lavorare per un
tozzo di pane , mentre, i padroni si arricchiscono con il tuo lavoro ed
hanno tutte le comodità, è una vita umiliante!”
poi con più
vigore “ non sono servo o schiavo di nessuno, se scelgo di fare il
servo per qualcuno, non voglio elemosina ma i soldi che mi spettano e
che posso spendere come credo!”
Rosina aveva le lacrime agli occhi.
Finalmente
aveva incontrato qualcuno che era riuscito ad esprimere a parole i
pensieri che confusamente turbinavano nella sua mente.
Riuscì a
dire, solamente, “vostro nipote ha ragione Ziu Giogliu, i padroni sono
tiranni che succhiano il sangue a noi povera gente!”
Gli occhi di Antoni penetrarono quelli di Rosina; lo sguardo unì i loro cuori .
.
Il mio spazio libero dove la fantasia e la realtà s'incrociano mescolando colori , profumi, sensazioni, fuori dallo spazio e dal tempo.
La fantasia e il tempo viaggiano insieme mescolando i colori
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Mariantonietta
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