17 luglio, 2012

Una storia senza tempo...quinta parte


il coraggio di Tania.

I ricordi erano dolorosi ma,  il destino sempre avverso con lei, ad un certo punto mutò.

Alle tre del mattino, Tania, si svegliò. Serenamente si alzò dal letto. Fuori era ancora notte, la luna con il suo buffo sorriso a spicchio verticale, vegliava sui sogni degli uomini.
Dopo poco sarebbe sorto il sole che, cacciando le tenebre, avrebbe dato luce al nuovo giorno.
Quello tanto atteso, il giorno dell'arrivo della sua figliola.
Affrettatasi al lavabo mise, l'acqua nel catino e si lavò.
Indossato il modesto vestito ed un grembiulone bianco si dedicò a preparare il pane.
Setacciò la farina, la impastò con acqua e sale e ,dopo avere lavorato l'impasto con il lievito, lo coprì, affinche, riposando si gonfiasse.
Nel frattempo accese il forno a legna utilizzando la fascina che aveva preparata la sera avanti.
Nel lavorio fisico la mente libera,riprese ad assemblare ricordi.

Quella notte che abbandonò la sua bambina; quando le suore chiusero alle loro spalle il portone, la giovane Tania si sentì veramente sola.
La mente sconvolta rifiutava qualsiasi pensiero.
Tremante , sconvolta prese a camminare.
Passo dopo passo si ritrovò nei pressi del fiume.
Decise di gettarsi tra le braccia della leggenda. La dama del fiume l'avrebbe accolta e consolata.
Non fu così. La dama del fiume l'accolse duramente. Completamente ghiacciata, respinse la giovane facendola scivolare fino alla casetta.
Dolorante, Tania si sollevò e rientrò nel suo freddo,vuoto nido.
Tolte le vesti fradicie si buttò sul letto, si coprì con una vecchia pelle di agnello e si addormentò.
Non seppe mai quanto dormì. Quando si svegliò ,nonostante il forte mal di testa, si alzò ,accese un focherello e scaldatasi un po' di latte lo sorseggiò ritrovando la forza per riflettere e decidere.

Raccolse le sue misere “cose”in una sacca, Indossò un vestito dignitosamente lindo. Richiamò le pecorelle, mise le galline in un altro sacco, legò il maialino con una cordicella e chiusa la casetta si lasciò alle spalle l'adolescenza per affrontare una nuova vita alla ricerca di un lavoro che le avrebbe dato l'opportunità di riprendersi la sua figliola.
Arrivata in città si recò al mercato e vendette gli animali.
Con i soldi ricavati comprò un vestito da contadina nuovo e delle scarpe.
Preso alloggio in una locanda, indossò i nuovi vestiti. Si concesse un riposino per trovare le forze e pianificare il suo futuro.
Nel primo pomeriggio, dopo aver consumato un pasto frugale, uscì.
Si sentiva rianimata dal pensiero che Enne avrebbe ricevuto le cure di cui necessitava; le mancava, però la consolava la certezza che l'avrebbe ritrovata e poi, nella vecchia casetta aveva lasciato un messaggio per Giosuè, nel ritorno, del quale, riponeva accesa fiamma di speranza.
Camminando velocemente si recò alla chiesa parrocchiale.
Entrò ed inginocchiatasi davanti alla statua della Madonna con in braccio il suo figliolo pregò:

“ a Te che sei la mia unica mamma affido il mio cuore dolente,
inginocchiata ai tuoi piedi, asciugo le mie lacrime tra le pieghe delle tue vesti.
Tu conosci il mio tribolare, stammi vicina nelle scelte,
parla al mio cuore, consigliami, Madre di Consolazione.
Donami la forza di affrontare il tempo che mi separerà da mia figlia,
riunisci i miei amori sì che possiamo vivere poveri ma insieme.

Prima che le lacrime riprendessero a scorrere intaccando con la pietà il rinnovato coraggio, Tania baciò i piedi della Vergine e con un incoraggiante sorriso si recò alla canonica.
Al suo bussare si affacciò una donna non molto giovane.
“ buon giorno signora” salutò Tania
“ buon giorno a te ragazza” rispose la donna che dopo aver stretto il labbro superiore, mettendo in mostra dei validi baffetti, con tono distaccato aggiunse: “ non sono signora, ma signorina e sono la perpetua di Monsignore! Perchè hai bussato?”
La giovane si scusò con un timido sorriso
“ sa!” aggiunse, con sguardo dolce “ vengo dalla campagna ed è la prima volta che arrivo in città!”
“ dimmi che cosa ti occorre?” chiese la donna ammorbidendo il tono.
“ se posso ,vorrei parlare con Monsignore!”
“ attendi un attimo qui” disse facendola accomodare dentro “ andrò a chiedere se Sua Eccellenza può riceverti!” e fatto qualche passo si voltò:
“scusa ,come ti chiami?”
“ mi chiamo Tania, sono la nipote della vecchia del fiume!”
“ahhhh!” fece la perpetua frugando nella sua mente.
Monsignore la ricevette.
La giovane intimidita si sedette dove le fu indicato.
Incoraggiata da un viso bonario , aprì il suo cuore. Raccontò tutta la sua storia omettendo Giosuè ed Enne.
Tania chiese che le venisse indicata una casetta da prendere in affitto ed un lavoro.
Il parroco la invitò a scegliere un lavoro a servizio presso una nobile famiglia, questo le avrebbe garantito vitto e alloggio e dei vestiti, forse anche del denaro.
La giovane, con garbo, insistette sulla sua posizione. L'offerta non corrispondeva alle sue aspettative.
“come farai da sola figlia mia?” chiese Monsignore.
“lavorerò a giornata nei campi!” rispose con convinzione “ ogni stagione ha i suoi frutti: vi sarà il tempo della semina, coltura, mietitura del grano, il periodo delle patate, del tabacco, dei carciofi, della frutta!...Dio non ha figli abbandonati...!”
Monsignore rimase colpito dalla forza delle convinzioni della giovane.
Abbassò la testa e con le mani giunte, come in preghiera , stette qualche attimo fermo in statuaria posizione.
Poi, sollevato lo sguardo parlò:
“figlia mia, nel “ borgo antico” vi è una modesta casetta su due piani. Era la casetta della mia povera mamma. Ella, rimasta vedova in giovanissima età, la tenne per me, facendo tanti sacrifici per non venderla. Lavorò nei campi, mi mandò in seminario e riuscì nel suo intento.
Mentre tu, figliola mia, parlavi aprendomi il tuo cuore, l'ho rivista in te ,con la sua tenacia, il suo coraggio...! Nel mio cuore ho sentito che quella casa sarà la tua casa!”
Tania emozionata da quello spiraglio di luce inaspettato:
“monsignore vi pagherò l'affitto...!”
“figlia mia!” le strinse le mani monsignore, “ la parrocchia ha sempre bisogno di denaro per aiutare i poveri ma, soprattutto l'orfanotrofio ,dove le consorelle allevano bimbi orfani o abbandonati da povere madri!”
Lacrime amare salendo dal cuore di Tania, scesero sulle sue giovani gote.
“stabilite il prezzo dell'affitto monsignore!” singhiozzò
“figlia mia, fa che sia una donazione a seconda delle tue possibilità!”
Detto questo chiamò la perpetua
“ Gemma, per favore, prenda il calesse ed accompagni Tania al “borgo antico” andrà ad abitare nella casetta della mia povera mamma...porta con te qualche provvista! Grazie”
Abbracciò Tania:
“auguri figliola!” Così la salutò.

                                        


2 commenti:

Fata Confetto ha detto...

Buongioirn, Maria Antonietta.
Il tuo racconto continua a svolgersi in un alterarsi di situazioni legate alla più classica tradizione nerrativa che riecheggia nelle pagine ora dolorose, ora commoventi, come nei romanzi che hanno avvinto i lettori di tutti i tempi.
Pensa, se questo racconto avesse una versione cartacea, quanto dovrà essermi grato il correttore di bozze per averlo salvato dalla grandinata di puntini...TI ABBRACCIO mARILENA

bianco su nero ha detto...

^ _ *

pensa se ci fossero stati solo i puntini senza le parole......?